È una megalopoli, o forse di più. Perchè con i suoi 34 milioni di abitanti, e con un’espansione demografica che sta proseguendo a un ritmo di 300 mila nuovi residenti ogni anno, e con una superficie di 82.300 chilometri quadrati, quasi tre volte la superficie del Belgio, non sembrano esserci punti di riferimento. O, se preferite, non c’è città al mondo che tenga questi ritmi, con la conseguenza che Chongqing in dieci anni è cresciuta tanto quanto una città europea in un secolo.
Numerose sembrano essere le determinanti di una simile espansione. Sicuramente, un cenno di riferimento è dato dalla possibilità di un lavoro e dalla fuga dalla vita rurale, elementi che spingono così tante persone verso la megalopoli.
Si è così venuta a creare una sorta di migrazione rapida, composta per lo più da uomini, senza scolarizzazione e senza competenze specifiche. Ovvero, braccianti che dai campi si tuffano in questa città dove il Partito comunista cinese investe ogni anno alcuni miliardi di euro alla sua modernizzazione.
Per quanto concerne le sue caratteristiche macroeconomiche, molto si potrebbe dire. A cominciare dal fatto che la megalopoli ha un’economia in forte crescita: l’11 per cento nel 2015, contro una media nazionale del 6,9 per cento, tanto che si è meritata nel gennaio scorso una visita ufficiale del presidente cinese Xi Jinping, che ha indicato la città come modello di sviluppo per tutta la Cina. Ma, si osserva, a fronte di tale esplosione economica, non sempre corrisponde un vero progresso sociale. E così le tante persone che si sono ottimisticamente dirette verso Chongqing, a volte si trovano in condizioni peggiori di quelle di partenza.